Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico dal più recente al primo.
Di Admin (del 21/01/2007 @ 14:26:00, in Tchadar, linkato 1210 volte)
Quella di oggi è stata una tappa lunga ed intensa. Abbiamo camminato per 9 ore. Dopo una sosta per il pranzo a Dip Bao - Lat N 033 054'049.597" Lon E 077 001'053.847" Alt 3230m - passiamo nei pressi di quella che io chiamo la caverna dei cannibali.
Lat N 033 054'028.738" E 077 001'000.963" Alt 3229m
Alcuni portatori la indicano invece come Gyalpo. Raccontano che un rajha con la sua scorta fosse rimasto bloccato nella caverna da un improvviso disgelo. Dopo giorni di fame ed astinenza aveva deciso di sacrificare un servitore. Il poveretto passò la notte implorando Buddha. Alla mattina il ghiaccio era completamente riformato!
Io Agostino e Sonam procediamo più lentamente e, dopo quattro ore di cammino, ci ritroviamo con Andrea Matteo ed i portatori a Nyerak Pulu, la nostra meta di oggi. I portatori dormiranno negli stalletti e noi in tenda, la temperatura è già scesa a -8° e vediamo il primo falcetto di luna.
Nyerak Pulu Lat N 033 053'014.432" Lon e 076 054'050.228" Alt 3301m
Di Admin (del 20/01/2007 @ 13:40:00, in tChadar, linkato 1192 volte)
Abbiamo dormito ai piedi di questa piramide di roccia, le grotte erano occupate da famiglie di locali con bambini. Questa notta la temperatura è scesa a -15° e stamane ho apprezzato ancora di più il tepore del sacco a pelo aspettando con sentimenti contrastanti il momento che ritengo peggiore di tutta la giornata: piegare il sacco a pelo! Occorre farlo a mani nude e sembra di arrotolare il ghiaccio mentre l’involucro scappa da tutte le parti. Ho adottato la tecnica di Marco Berni che a sua volta l’ha appresa dagli altri concorrenti alla Iditarod in Alaska: infilare il sacco a pelo nel suo contenitore prendendolo a pugni e manate. Utile anche per scaldare il corpo.
Ed è importante mettere in funzione la macchina. Nel 2002 Sonam era venuto a prendermi lungo il Djulam, il sentiero alto. Una mattina la gamba destra aveva risposto male al primo movimento a freddo e il muscolo si era strappato. I compagni l’avevano aiutato fino alla valle di Marka dove aveva noleggiato un cavallo “a prezzo da turista!”. Era arrivato al Panorama con dieci giorni di ritardo, quando Nawang pensava già di far uscire un elicottero per rintracciare l’amico ed i suoi due compagni.
Colazione al freddo, con il metallo del bicchiere che ti brucia le labbra. E poi via con la seconda tappa di questo trek, l’unico trek al mondo dove il sentiero può svanirti letteralmente sotto i piedi. Pian piano oggi abbiamo migliorato la tecnica di progressione su ghiaccio orizzontale. Niente piolet traction alla Yvon Chouinard! Solo bastoncini e buone suole dalla mescola morbida che facciano presa sul ghiaccio. Era stato proprio qui che appena partito dalla ampia grotta, ero letteralmente sprofondato in acqua. Non sapevo ancora riconoscere la consistenza del ghiaccio.
Anche oggi abbiamo sentito il toc toc del primo portatore che assaggia il ghiaccio con il suo bastone. Questo i “lhu” le divinità delle acque lo consentono, ma ricordatevi che i vostri piedi impuri calpestano il loro regno, diceva l’altra sera Sonam. E mi raccomando – ha aggiunto – le necessità fisiologiche non sul ghiaccio!”. Lo diceva in tono scherzoso, ma poi lo crederà veramente? Di sicuro ogni tanto risuona qualche grido. Agostino le prime volte era preoccupato. L’eco ci portava questi suoni, che fossero di avvertimento? Sembra invece che i portatori quando aggirano un roccione ed avanzano in una nuovo settore del canyon, urlino per cacciare le divinità maligne.
Tsomo Bao Lat N 033 054'016.927" Lon E 077 006'056.498" Alt 3213m
Quella di oggi è stata una tappa dura con qualche passaggio su roccette. Ora siamo alla grotta di Tsomo Bao dove passeremo la notte. Nei pressi una sorgente di acqua calda che proverrebbe dal lago Tsomoriri. Diverse sono le leggende sulle sue origini, Sonam ci racconta che sarebbe sgorgata miracolosamente per dare conforto a dei pellegrini infreddoliti.
Di Admin (del 19/01/2007 @ 11:28:00, in tChadar, linkato 1232 volte)
Oggi è namgang (in ladakho) o ston (in zanskar) l'ultimo giorno dell'11° mese giorno fortunato.
La foto di rito della confluenza (sumdho o sumdha) fra Zanskar e Indo la scattiamo dall'alto perché la strada domina l'incontro fra i due fiumi. In estate lo Zanskar ha la portata maggiore e l'Indo sembra un modesto affluente. Anche oggi sotto di noi lo Zanskar sembra il maggiore fra i due fiumi.
Vi è però una notevole differenza con l'estate. Oggi l'acqua è più azzurra e da quassù vediamo il fondo di entrambi i fiumi.
Fino al 1989 il piccolo villaggio di Chilling (Phyi-gLing) era raggiungibile solo attraverso un sentiero disagiato e pericoloso oppure, in inverno, sul tChadar. In questo villaggio vive una antica comunità di orefici che integrano i proventi della loro attività agricola ed artigianale con la creazione di gioielli famosi in tutto il Ladakh.
È l’unico insediamento del Ladakh dove tutti gli uomini lavorano i metalli ed è anche l’unico a mantenere una tradizione orale che racconta la fondazione del villaggio alla fine del 16° secolo da parte di un gruppo di artigiani nepalesi. Il nome indica “luogo degli stranieri” ed esistono anche documenti che certificano la donazione del terreno da parte dei sovrani in cambio del lavoro presso i monumenti reali. Secondo gli anziani la materia prima proveniva dal fondo del fiume Zanskar dove era possibile trovare pezzi di rame vergine dal peso anche di due chilogrammi. Il fiume forniva anche molto legno che veniva trasformato in carbone vegetale. Dalla fusione si otteneva rame puro. Nel corso del ‘900 si è iniziato a far giungere rame ed ottone da Srinagar. L’argento in lingotti era importato dalla Cina via Yarkand e Leh. Il carbone era ricavato dagli alberi di Skiu e Kaya (valle del Markha). Il borace per la fusione arrivava da Rupshu.
Muoviamo i primi passi da Chilling scendendo dalla strada sul ghiaccio del fiume. Non è facile. Occorreranno sicuramente ancora un paio di giorni prima di muoversi con disinvoltura. Sulla vecchia carta comprata nel 1985 figura un toponimo indicato come Lama Guru. C'è un Monastero disabitato dove il 10° giorno del 1° mese tibetano si festeggia Padmasambhava, Guru Rinpoche. Stiamo camminando da un paio d'ore e siamo proprio di fronte alla confluenza con il fiume Markha. Nel 1993, Gyatso aveva sotterrato un sacchetto di viveri sulla riva sassosa ed ampia opposta al Markha.
Poco oltre vi è un passaggio che ricordo ancora con terrore. Nel 93 il ghiaccio qui non si era formato. Avevamo dovuto camminare su un irto pendio di ghiaia correndo il rischio di scivolare, rotolare, immergerci nell'acqua gelida. Namgyal e Garchung si erano messi sotto di noi. I ragazzi riuscivano a camminare senza scivolare. Conficcavano il bastone nella ghiaia e noi procedevamo in equilibrio di bastone in bastone, avanzando man mano che i ragazzi cambiavano posizione alternanadosi. Per fortuna al ritorno, così come oggi, il ghiaccio si era formato e il passaggio era rimasto solo un ricordo da raccontare. E finalmente arriviamo alla nostra prima sosta.
Tilat Sumdo Lat N 033 057'041.365" Lon E 077 012'053.290" alt 3220m
Di Admin (del 18/01/2007 @ 12:00:00, in Tchadar, linkato 1209 volte)
La spedizione è stata ospite a pranzo del TCV di Choglamsar. In questo sobborgo di Leh si trova una delle piu' grandi colonie di esuli tibetani. Ancora oggi vi è gente che scappa dal Tibet. Abbiamo incontrato Chomo Tupte che si occupa del sostegno a distanza dei 2000 bambini che frequentano il TCV o che vi sono ospitati se orfani. Sono strutture basate sulla formula dei Villagi SOS ed alle materne ed alle primarie si segue il metodo Montessori.
Pomeriggio dedicato alle ultime spese e preparativi
Di Admin (del 18/01/2007 @ 11:00:00, in tChadar, linkato 1120 volte)
Le maschere indossate a Spituk chiamate jelbagh e le varie danze si sono svolte davanti alla statua di Tara, esposta per l’occasione traendola dal tempio a lei dedicato. L'aria è fredda, ogni tanto un colpo di vento sembra scendere dallo Stok Kangri e rabbrividiamo. Vicky Sevegnani ha pubblicato assieme a Piero Verni un libro sulle danze cham ed anni fa ha assistito alle danze qui in Ladakh. Vicky ricorda la partecipazione dei fedeli ai movimenti dei danzatori. I ladakhi subivano la fascinazione di quei movimenti.
Per secoli il cham è stato l'unico momento "teatrale" cui si assisteva in villaggi e città dell'Himalaya. Mentre i danzatori ripetevano l'ennesinmo movimento, mi chiedevo se sia ancora lo stesso per questi giovanotti in giubbino di pelle e berretto ad unghia. Le cassette e i DVD avranno sostituito il cham?
Abbiamo lasciato Spituk verso mezzogiorno scossi ed ormai disinteressati per l'incidente occorso ad un membro della spedizione piemontese.
Di Admin (del 17/01/2007 @ 12:00:31, in tChadar, linkato 1599 volte)
L’ultimo Kushok Bakula è deceduto alcuni anni fa rimpianto da tutti i ladakhi per la fiera ed intransigente difesa della sua gente. Stamane abbiamo partecipato alla festa del monastero di Spituk che di Bakula Rimpoche era la sede ufficiale, anche se poi lui preferiva il più ritirato e tranquillo Sankar gompa ai bordi settentrionali dell’oasi di Chanspa. E come non dargli ragione visto che anche noi siamo venuti ad alloggiare al Panorama Hotel.
La festa con le danze cham si celebra nel cortile che domina la valle dell’Indo guardando verso sud. Una pianura di forma, dimensioni ed ampiezza inimmaginabili per chi in estate arriva quassù risalendo la valle dell’Indo. Aldilà dell’Indo, il fianco meridionale della valle è racchiuso dalle cime innevate dello Stok Kangri. Le vallette laterali sono brevi ed alle loro testate biancheggia qualche ghiacciaio, da lassù scendono torrenti che in basso devono aprirsi la strada attraverso tutta una serie di dossi tondeggianti paralleli al corso del grande fiume, ma al suo sbocco ogni torrente ha formato un ampio conoide che si unisce alle falde in un unico immenso deposito: e un gigantesco piano inclinato costituito da ciotoli nereggianti. La riva opposta, quella sulla destra orografica, è completamente diversa. Qui la catena montuosa è fatta di graniti che separano per centinaia di chilometri l’Indo dal grande affluente Shyok (pr. Sciaiok). La catena scende verso il fondo del vasto bacino con brevi contrafforti e con tutta una serie di conoidi esterni alle valli. Nel mezzo sta la fascia pianeggiante, con l’Indo che scorre lento, diviso in numerosi rami ed è tutto un luccicare di strade asfaltate, canali e canalette, grandi opere d’irrigazione che scorrono fra prati, campi, piste aeroportuali, chorten, case ladakhe, lunghi capannoni militari.
Assistono al cham monaci di tutte le dipendenze, vengono dai monasteri di Sankar presso Leh, Gurphung a Stok e Pashi Gephel a Sabu. Le danze non differiscono poi tanto da tutte le cerimonie. Qui siamo in casa gelugpa, i virtuosi, l'ordine riformato da Tsong kapa ed al quale appartiene anche il Dalai Lama. Oggi è il primo dei due giorni di festa e le danze si svolgono con le maschere, mentre all'esterno monachelli di tutti i conventi della valle chiedono una donazione. Sonam scuote la testa irritato. "Non chiedevano soldi prima che voi occidentali cominciaste a foraggiarli... pensino a pregare invece di cercare soldi, sempre soldi"
A differenza dei festival ormai turistici come quello di Hemis, stamane qui vi era un assembramento di migliaia di persone. Cortile e terrazze, fineste e balconi. Impossibilitati ad avvicinarci ai danzatori per la calca, ma non stanchi delle nenie, abbiamo compiuto un piccolo ulteriore sforzo e siamo saliti al tempietto posto in vetta alla collina, dove luci al neon illuminano l’antro che conserva statue e maschere, ne è valsa la pena… Impossibile entrare: una calca di fedeli cercava di entrare mentre altrettanti, forse un centinaio erano rinchiusi nel tempietto...
Di Admin (del 17/01/2007 @ 12:00:17, in Tchadar, linkato 1098 volte)
E' arrivata ieri con noi una squadra canadese di hokey su ghiaccio. Giocano alla pista vicino alla chiesa protestante. Negli intervalli delle partite i ragazzini tornano padroni del "palaghiaccio" e si rincorrono gridando di gioia o di dolore per i capitomboli.
Di Admin (del 16/01/2007 @ 12:08:06, in Tchadar, linkato 1124 volte)
Nel Gompa Somar, il tempio nuovo di Leh, per tutto il giorno i fedeli hanno pregato mentre un rimpoche impartiva benedizioni ed i monaci salmodiavano e cantilenavano. Nel cortile sono stati disposti grandi teloni a mo' di tappeto. Bella questa Leh invernale, con le strade senza turisti chiassosi che cercano le specialitä del proprio paese. La gente veste maggiormente l'abito tradizionale soprattuto gli uomini che in estate non lo indossano preferendo calzoni e felpe all'occidentale.
Il tempo ci ha favorito. Sonam ci ha accolti in areoporto. All'atterraggio tempo sereno e -14 gradi, poi la temperatura si è alzata e nel pomeriggio, mentre sto scrivendo c'è un piacevole tepore.
I portatori sono giunti ieri dallo Zanskar guidati da Noorbu, conoscenza di vecchia data. Ad ogni modo i portatori vogliono ripartire solo il 19 mattina. Il 18 è giorno infausto e si sta a casa...
Di Admin (del 15/01/2007 @ 10:20:00, in tChadar, linkato 1223 volte)
Quando le giornate sono limpide, il volo verso Leh è una pagina di viaggio sospesa nel cielo. È una porta di comunicazione che si apre nel tempo e nello spazio. Non è il lungo e monotono volo intercontinentale. Dimentichi che sei su un aereo e guardando dai finestrini voli su un tappeto volante. Chi può e sopratutto se al primo volo sull'Himalaya cerca di spostarsi dai finestrini di destra da dove entra il primo sole, basso, là verso il garwal, a quelli di sinistra dove i frequent flyers riconosco il massiccio di Nun e Kun.
L'aereo della Jet Airways è decollato in perfetto orario nella nebiolina che ammantava questa mattina Delhi. Il sole è sorto per noi da dietro le montagne del Garwal. La Nanda Devi era una piramide controluce. La rotta ci ha portati su Simla, sopra il Rothang Pass (all inizio della pista fra Manali e Leh), il pilota ci ha indicato il Kar Tso e il lago Tsomoriri, poi per guadagnare tempo lo ha risorvolatoa per infilarsi infine sopra Upshi nella valle del fiume Indo. Siamo entrati nella nebbia a 6000 metri. Ogni tanto ritornavamo in alto nell' azzurro per poi rituffarci fra le montagne. Il silenzio è sceso fra i passeggeri. Tutto era un biancore lanugginoso dominato dal rombo dei motori. Alla fine il pilota non si è fidato di questo volo che porta l'aereo ad infilarsi fra la montagna ed il monastero di Spituk. Siamo tornati a Delhi dove con pazienza, dopo i primi netti rifiuti, la Jet Airways ci ho trovato l' «accomodation». Pazienza, riproviamo domattina.
Di Admin (del 14/01/2007 @ 20:55:00, in tChadar, linkato 1128 volte)
Ippolito Desideri nel '700 aveva impiegato un paio d'anni per arrivare da Roma a Leh, la spedizione De Filippi nel 1913 alcuni mesi. Noi ci arriveremo in meno di 24 ore da letto a letto. Non amo partire da Malpensa. È noiosamente lontana e arrivarvi desta sempre timore. Timore di non arrivare in tempo, timore di rimanere bloccato nell’ennesimo ingorgo sulla Milano Venezia o sulla Milano Laghi. È anche la mia prima volta con Alitalia come vettore internazionale. Poche ore di volo senza scali intermedi. Con la speranza che non abbiano perso il bagaglio prima di imbarcarlo. Arrivare a Delhi è ormai routine. L’apparecchio ha attraccato al braccio mobile. Quelle sensazioni che ti afferravano quando atterravi di notte a Nuova Delhi sono ormai attutite. Le ha raccontate magnificamente Giuseppe Cederna ne “Il grande Viaggio”. Ma ora non è notte fonda (ora di arrivo di tanti voli che ho preso in passato) e non è estate. Il caldo non ti si appiccica addosso assieme al tanfo dei motori. Scivoliamo vero il controllo passaporti e la dogana. Cambio agli sportelli della Thomas Cook ed ecco subito fuori l’incaricato che ci aspetta. In mano il suo “Welcome mr. Vasta + 3 pax”. È venuto a prenderci con un pulmino per meglio trasportare i bagagli inviati in anticipo. I due bidoni blu sono infatti in fondo, sui sedili posteriori. All’aeroporto dei nazionali (mi dimentico sempre che qui li chiamano domestic) il militare di guardia arriccia un po’ il naso perché siamo in largo anticipo sul Chek-in. Non resta che girovagare in attesa che aprano. Agostino imperturbabile apre il suo materassino e si butta a dormire. Noi girovaghiamo, dormiamo, sbadigliamo. In fondo per noi è ancora domenica sera.
|